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mercoledì 5 agosto 2020

SIAMO TUTTI CITTADINI DI GOMORRA

Sto leggendo Gomorra di Roberto Saviano.

In ritardo rispetto alle tendenze letterarie, lo so. Un giorno leggerò anche La Casta di Stella e la saga di Hunger Games, quando saranno già belli polverosi sugli scaffali delle librerie di seconda mano.

Gomorra, prima edizione anno 2006. L’anno dei mondiali, almeno per la mia generazione. Sono passati 14 anni eppure non perde un minimo di cruda attualità. Anzi. Si può pensare solo che le cose siano peggiorate.

Il pregio principale di questo libro penso sia la capacità di farti capire quanto ognuno di noi è corrotto. È: indicativo presente, modo del reale.

Ogni giorno compiamo azioni che alimentano l’impero economico mafioso del nostro Paese. Il Paese quello veramente florido. Perché l’Italia è una nazione ricchissima, piena e strapiena di soldi e di affari. Paradossale pensare ai livelli di disoccupazione, alla precarietà, alla povertà che incalza sempre più.

E il centro economico d’Europa qual è?

Napoli.

Paradossale no? Già dalle prime pagine dedicate al porto del capoluogo campano l’incredulità di fronte all’evidenza crea un attrito potente.

Ma torniamo alla corruzione, al fatto che ognuno di noi vi concorre: mi mancano una cinquantina di pagine e ho individuato 4 dinamiche che sicuramente ciascuno ha messo in pratica almeno una volta nella vita:

1. Comprato una borsa, un vestito o un paio di scarpe: può essere una grande griffe del made in Italy, pagata un sacco di soldi in un negozio, indossata da un’influencer o da un’attrice come Angelina Jolie durante una serata degli Oscar. Ma potrebbe essere anche stato uno di quegli acquisti fortunatissimi a prezzo stracciato, un -50% su Amazon o una copia ben fatta strappata al vu cumprà nigeriano per 30€ in spiaggia.

2. Comprato droga: erba, fumo, cocaina, eroina e compagnia cantanti. Forse in un paesino di 300 anime sui monti Nebrodi non ne gira, forse. In tutto il resto del Paese è facilmente acquistabile.

3. Costruito una casa: la sabbia, il cemento, la calce, molte delle materie prime del settore edilizio del nostro Paese sono sottratte illegalmente da terre private del proprio suolo, in continuazione. Cosí come molti degli operai che lavorano nell’edilizia sono migranti interni, ingranaggi di un sistema di centrifuga di panni sporchi che non torneranno mai ad essere puliti.

4. Buttato qualcosa nella spazzatura: ci insegnano a non gettare le cose per terra per una questione di civiltà e rispetto della cosa pubblica. Purtroppo in molti casi stiamo solo spostando il sozzume sotto il tappeto, alimentando una delle più ingorde economie del nostro Paese.

Sono solo quattro punti, ma leggendo questo libro ne troviamo ben altri.

Generalmente sto attenta alle ripetizioni, le evito come i topi i gatti, a meno che non siano funzionali alla narrazione. Ecco, in questo caso sono funzionali.

Il nostro Paese.

Perché arrivata a pagina 240 mi sono sentita parte integrante di questo Paese e mi ha fatto soffrire molto. Nel mio piccolo, nella mia poca capacità, nella mia parzialità ho cercato di fare qualcosa di buono per la società, intesa come singoli e comunità. Eppure oggi, leggendo queste parole, mi sono sentita profondamente indignata, pensando alle migliaia di persone oneste vittime del luogo in cui sono nate, realizzando che ognuno di noi è un inconsapevole carnefice, che il sistema è così radicato nelle strutture e nelle mentalità e così meglio funzionante rispetto allo Stato di diritto che possiamo solo accontentarci dello status di Don Chisciotte contro i mulini a vento. Ma più che indignata mi sono sentita corrotta e inutile. Ho chiuso il libro e lo sguardo dell’autore che occupa la quarta di copertina è risultato oltremodo eloquente. 

Non c'è nulla da fare. Siamo tutti colpevoli.

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