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lunedì 6 luglio 2020

LA STATURA INCALCOLABILE DI ENNIO


Un anno è trascorso. Era fine giugno, l'aria dolce e tiepida e il palcoscenico più che essenziale. La scenografia nient'altro che le meravigliose Terme di Caracalla. Si sono avvicendati tre diversi cori, uno di voci bianche. L'orchestra impeccabile, come poteva essere altrimenti. Erano già tutti sul palco, ordinati e pronti, loro e il pubblico in attesa. Quando il Signor Morricone uscì dal drappo nero che nascondeva le quinte, appoggiato all'avambraccio di un'assistente per raggiungere la sua postazione, si levò un applauso difficile da raccontare. E così si ripeté per ogni sua entrata e uscita.
Se parole ben scelte, ben poste, possono suscitare emozioni ma viverle è un'altra cosa, allo stesso modo le note sui suoi spartiti erano immaginari, ma assistervi era un'altra cosa. Perché alcune persone sono lucifere - portatrici di luce - in un modo che non si può spiegare. L'unica cosa è sedersi, tacere e abbandonarsi a quanto hanno da donare. Il Signor Morricone ne è un esempio. Avanzando a piccoli passi, trascinati, scattosi lo vedemmo prendere posto al centro del palco, posizione che pochi riescono a occupare con bilanciate umiltà e grandezza. Piccolo, le braccia ferme e aderenti ai fianchi, la schiena un po' ricurva, perché gli anni di studio, lavoro e riflessione lasciano sempre le loro tracce.
Impugnò la bacchetta, sollevò le braccia e le Terme di Caracalla presero ad animarsi. La musica fusa con le luci iniziò a muoversi creando correnti che levigavano pietre, soffiavano l'erba, vibravano corpi. Ma non era solo questo. Le composizioni si accompagnavano inevitabilmente alle immagini ispiratrici: primissimi piani, paesaggi solitari, colpi di scena, finali struggenti. Cascate, salotti, prigioni e deserti. Fotogrammi che se hanno lasciato tracce e ferite nella memoria delle persone è stato anche grazie alle melodie che ne hanno plasmato i profili, le intensità, i significati.

Il Signor Morricone era un grandissimo narratore, un acuto osservatore della fisicità umana, dei vortici della psiche, delle creazioni dell'intelletto, delle armonie e dei mutamenti naturali. E tutto ciò che osservava rielaborava. E tutto ciò che rielaborava metteva per iscritto, su carta, in codice con un potere immaginifico incalcolabile. Ma oltre a una vista acuta, per fare ed essere questo mestiere devi armarti di piccone e scavare come un archeologo, alla ricerca delle giuste corde da toccare e pizzicare, dolci trappole emotive che ti conducono dove loro desiderano.

Una serata che custodirò sempre, per diversi motivi. Perché solo Roma, nel suo essere magnifica e autodistruttiva, può creare tali magie. Perché con me c'era l'unica persona in grado di condividere i perché di tutte le lacrime versate. Perché i concerti sono un'altra cosa. Quella fu, semplicemente, una lezione di vita.


P.S. Quando penso a Ennio Morricone, la mia mente corre all'immagine di un uomo, seduto solo su una poltrona di un cinema di provincia. I capelli ormai bianchi di un fu bambino corvino. Nella sala deserta inizia la proiezione. Non si tratta di un film ma di un rattoppo di pellicole che il prete della sua infanzia diede ordine di tagliare. Una scena a cui non puoi sfuggire.  

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