La vasca. Era un sacco di tempo
che non mi facevo un bel bagno. In realtà prediligo la doccia, per vari motivi:
praticità, rapidità, responsabilità ecologica. Ma i brividi che mi hanno
accompagnata tutta la notte e per i quali non ho dormito mi hanno fatto
cedere. D'altronde è una fortuna avere la vasca. È una di quelle cose che usi
poco, quasi mai, ma che se non avessi ne sentiresti parecchio la mancanza. Mentre
immergo la testa noto con dispiacere che la schiuma si è quasi del tutto
dileguata. Peccato. Non sarà un bagno da grande diva, non sarebbe stato
comunque l’obiettivo, ma mi costringe un po’ a guardarmi, un vis à vis che non
mi è così familiare, e penso a come sia assurdo non essere familiari a se
stessi.
Aprire i polmoni, lenire la
tosse, alleviare la stanchezza muscolare, sciogliere i nervi. Ricordo il nonno,
il quale più volte mi raccontò di quando da piccolo, in preda ad una grave
polmonite, disse al medico e a sua madre che quel che lo avrebbe fatto stare
sicuramente meglio sarebbe stato un bagno bollente. Lo accontentarono e fecero
bene. La saggezza delle cose semplici. Ricordo la nonna, e lì ero io ad essere
piccola. Nel giardino di casa mi metteva nella stessa tinozza di legno nella
quale lavava i panni, facevo il bagno con le bambole mentre osservavo i
passanti. Un’immagine che conservo calda, come l’acqua nella quale m’immergeva.
Sono contenta di averla collezionata, con il suo profumo di altri tempi che io
stessa ho solo sfiorato, purtroppo.
Ogni tanto apro il rubinetto per
mantenere la temperatura. Mi faccio lo shampoo, quello con l’etichetta
catalana, uno degli ultimi pezzetti di una quotidianità che ogni giorno è più
lontana, ma ancora non esaurita. La mia babysitter mi regalava i libretti
impermeabili e le paperelle per incoraggiarmi alla vasca, non perché avessi un’avversione
per l’igiene, ma per il fastidio di asciugarmeli, i capelli, un rituale che non
riesco a risparmiarmi.
La vasca da bagno è un luogo, più
che un oggetto. Forse è questo il segreto del suo essere malleabile. Nella cinematografia,
per esempio, si spazia dalla classica scena del corpo morto, nudo o vestito, a
secco o in ammollo, fino a scene ben più divertenti e complici. L’ho sempre
ritenuto un luogo ad alto potenziale meditativo, che potrebbe addirittura avere
avuto un ruolo non marginale nel concepimento di alcune importanti intuizioni o
idee della storia.
Aldilà di ciò, in questo momento
la mente mi si mostra piuttosto vuota, forse in pausa. Solo collage di ricordi,
mentre mi sparpaglio i capelli nella vasca, per sciacquarli prima del balsamo,
tutti in movimento, fluttuanti, come i serpenti di Medusa.
Giulia Tirapelle
Giulia Tirapelle
Nessun commento:
Posta un commento