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mercoledì 4 ottobre 2017

LA VASCA

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Nella prossima vita mi comprerò una vasca da bagno lunga come me, è un bisogno che in certi momenti si manifesta in tutta la sua necessarietà. Quando hai la febbre, per esempio. Tutto il corpo dovrebbe contemporaneamente immergersi nell’acqua, sennò capita come ora che le ginocchia se ne stanno fuori a prendere freddo, perché la precedenza nell’ammollo ce l’ha il petto congestionato. Ottimale sarebbe invece non fare preferenze, a tutto il corpo lo stesso trattamento.

La vasca. Era un sacco di tempo che non mi facevo un bel bagno. In realtà prediligo la doccia, per vari motivi: praticità, rapidità, responsabilità ecologica. Ma i brividi che mi hanno accompagnata tutta la notte e per i quali non ho dormito mi hanno fatto cedere. D'altronde è una fortuna avere la vasca. È una di quelle cose che usi poco, quasi mai, ma che se non avessi ne sentiresti parecchio la mancanza. Mentre immergo la testa noto con dispiacere che la schiuma si è quasi del tutto dileguata. Peccato. Non sarà un bagno da grande diva, non sarebbe stato comunque l’obiettivo, ma mi costringe un po’ a guardarmi, un vis à vis che non mi è così familiare, e penso a come sia assurdo non essere familiari a se stessi.  

Aprire i polmoni, lenire la tosse, alleviare la stanchezza muscolare, sciogliere i nervi. Ricordo il nonno, il quale più volte mi raccontò di quando da piccolo, in preda ad una grave polmonite, disse al medico e a sua madre che quel che lo avrebbe fatto stare sicuramente meglio sarebbe stato un bagno bollente. Lo accontentarono e fecero bene. La saggezza delle cose semplici. Ricordo la nonna, e lì ero io ad essere piccola. Nel giardino di casa mi metteva nella stessa tinozza di legno nella quale lavava i panni, facevo il bagno con le bambole mentre osservavo i passanti. Un’immagine che conservo calda, come l’acqua nella quale m’immergeva. Sono contenta di averla collezionata, con il suo profumo di altri tempi che io stessa ho solo sfiorato, purtroppo.

Ogni tanto apro il rubinetto per mantenere la temperatura. Mi faccio lo shampoo, quello con l’etichetta catalana, uno degli ultimi pezzetti di una quotidianità che ogni giorno è più lontana, ma ancora non esaurita. La mia babysitter mi regalava i libretti impermeabili e le paperelle per incoraggiarmi alla vasca, non perché avessi un’avversione per l’igiene, ma per il fastidio di asciugarmeli, i capelli, un rituale che non riesco a risparmiarmi.

La vasca da bagno è un luogo, più che un oggetto. Forse è questo il segreto del suo essere malleabile. Nella cinematografia, per esempio, si spazia dalla classica scena del corpo morto, nudo o vestito, a secco o in ammollo, fino a scene ben più divertenti e complici. L’ho sempre ritenuto un luogo ad alto potenziale meditativo, che potrebbe addirittura avere avuto un ruolo non marginale nel concepimento di alcune importanti intuizioni o idee della storia.

Aldilà di ciò, in questo momento la mente mi si mostra piuttosto vuota, forse in pausa. Solo collage di ricordi, mentre mi sparpaglio i capelli nella vasca, per sciacquarli prima del balsamo, tutti in movimento, fluttuanti, come i serpenti di Medusa.


Giulia Tirapelle

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